Published by Redazione web on 16 Aprile 2023
Lo scorso 4 maggio 2018 l’ Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con sentenza n. 5 ha avuto modo di chiarire, in riferimento ai procedimenti ad evidenza pubblica, i presupposti per la configurabilità, in capo alla P. A. appaltante, di una responsabilità di tipo precontrattuale per violazione dei doveri di correttezza e buona fede comportamentale cui, da qualche tempo, era arrivata una attenta dottrina e giurisprudenza anche di legittimità. La pronuncia origina dalle lamentele avanzate da due aziende circa la presunta illegittimità, in punto di motivazione, del provvedimento di rigetto delle loro offerte di partecipazione ad una pubblica gara di appalto, essendo lo stesso fondato su una interpretazione non coerente dei requisiti di partecipazione quali, invece, oggettivamente desumibili dalle prescrizioni del bando, del discilplinare e del capitolato speciale di appalto.
Successivamente sulla controversia è arrivata a pronunciarsi, come detto, la Adunanza Plenaria la quale, dopo un approfondito excursus ricostruttivo e valutativo dei vari orientamenti emersi al riguardo in dottrina e giurisprudenza, ha avuto modo di fare le seguenti precisazioni. Gli ordinari doveri civilistici di correttezza, buona fede e diligenza di condotta di cui agli articoli 1175, 1227, 1337, 1338 e art. 2043 c.c., in quanto espressione del generale e cogente dovere di solidarietà economico sociale di cui all’art. 2 Costituzione, sono applicabili anche a quei comportamenti della P.A. accessori e complementari alla azione propriamente amministrativa provvedimentale della stessa.
A tal riguardo l’Adunanza Plenaria fà alcune precisazioni molto interessanti. Anzitutto, premessa la assimilazione della lex specialis del procedimento ad evidenza pubblica allo schema della offerta al pubblico di cui all’art. 1336 c.c., specifica che la responsabilità derivante dalla violazione, da parte della pubblica stazione appaltante, dei suddetti doveri di condotta dà luogo alla lesione non di un interesse legittimo bensì di un diritto soggettivo. In secondo luogo la stessa Ad Pl., rilevata la autonomia di dette regole di condotta rispetto a quelle pubblicistiche che disciplinano l’agere amministrativo, puntualizza ulteriormente il principio per cui, in capo alla P.A., ben possono configuarsi ipotesi di una responsabiltà civilistica, nella specie di tipo precontrattuale, anche laddove l’azione amministrativa e gli atti ed i provvvedimenti che ne hanno cadenzato l’iter procedurale risultano, nel complesso e singolarmente, legittimi alla stregua delle norme pubblicistiche che ad essi presiedono.
In terzo luogo la medesima Adunanza Plenaria soffermadosi, in particolare, sulla natura della responsabilità precontrattuale della P.A., fà proprio l’assunto, già acquisito in dottrima e giurisprudenza, per cui essa origina da un “contatto sociale giuridicamente qualificato”. Tuttavia uteriormente precisa che, relativamente alla natura di detta responsabilità ed al conseguentemente regime dell’onere di prova, occorre valutare la intensità o “pregnanza” di detto rapporto da “contatto sociale” (tanto maggiore quanto più prossimo alla fase di aggiudicazione e stipula del contratto di fornitura) nonché alla entità delle conseguenze che ne sono derivate. Ciò, in particolare, al fine di ricondurre le stesse, a seconda dei casi, allo schema della responsabiltà di tipo contrattuale ex art. 1218 c.c., oppure a quello della responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c. Sulla base di detta ricostruzione, pertanto, il massimo consesso del giudice amministrativo arriva a statuire, relativamente alla specifica controversia de quo, i seguenti principi di diritto:
Affinché nasca la responsabilità dell’amministrazione non è sufficiente che il privato dimostri la propria buona fede soggettiva (ovvero che egli abbia maturato un affidamento incolpevole circa l’esistenza di un presupposto su cui ha fondato la scelta di compiere conseguenti attività economicamente onerose), ma occorrono gli ulteriori seguenti presupposti: a) che l’affidamento incolpevole risulti leso da una condotta che, valutata nel suo complesso, e a prescindere dall’indagine sulla legittimità dei singoli provvedimenti, risulti oggettivamente contraria ai doveri di correttezza e di lealtà; b) che tale oggettiva violazione dei doveri di correttezza sia anche soggettivamente imputabile all’amministrazione, in termini di colpa o dolo; c) che il privato provi sia il danno-evento (la lesione della libertà di autodeterminazione negoziale), sia il danno-conseguenza (le perdite economiche subite a causa delle scelte negoziali illecitamente condizionate), sia i relativi rapporti di causalità fra tali danni e la condotta scorretta che si imputa all’amministrazione”.
Avv. Bernardino Sisti