Published by Redazione web on 6 Aprile 2023
Certo interesse suscita la sentenza n. 4159 emessa, il 4 ottobre 2018, dalla Commissione Tributaria prov.le di Milano avente ad oggetto la determinazione dei criteri di computo per la liquidazione dell’imposta nel caso di conferimento di rami d’azienda seguito da cessione di quote di partecipazione sociali, nonché la corretta qualificazione e natura giuridica di detta imposta. Per meglio comprendere i termini della questione affrontata dal giudice tributario è opportuno, preliminarmente, evidenziare che il caso portato alla sua attenzione riguardava una serie di operazioni attraverso le quali un gruppo societario internazionale Alfa provvedeva, nell’ambito di un piano di ristrutturazione industriale, a costituire due nuove e distinte entità societarie.
In particolare, con attribuzione alla prima di esse del ramo di azienda deputato alle attività di gestione immobiliare (quali la stipula di contratti di locazione e compravendita di strutture alberghiere e di ristorazione già facenti capo ad una delle società del gruppo Alfa) al fine specifico di consentire, in relazione ad esse, l’ingresso di terzi soci investitori.
Alla seconda, nuova costituita società, veniva attribuito il ramo di attività aziendale destinato alla erogazione di servizi di ristorazione e di ricezione alberghiera (anch’esso già facente capo ad altra delle società del gruppo) in relazione ai quali il gruppo Alfa intendeva mantenere l’esclusivo controllo gestorio nella veste di società capogruppo delle nuove società, appositamente create per curarne e svilupparne il relativo business nell’ambito dei vari Paesi presso cui Alfa stessa era già operante. Sotto il profilo giuridico detto piano di riorganizzazione imprenditoriale veniva realizzato attraverso due distinti atti negoziali ovvero, in specie, con una prima delibere assembleare di conferimento dei beni costituenti il ramo di azienda deputato alle sopra indicate attività di gestione immobiliare e una seconda delibera, adottata a distanza di un paio di mesi dalla prima, di cessione dell’intero pacchetto di quote di partecipazione societaria ad Alfa di cui, egualmente, si è sopra fatto cenno. L’Agenzia delle entrate provvedeva a dare una lettura interpretativa unitaria alle suddette attività negoziali ritenendo le stesse, in concreto e sostanzialmente, come mirate a dare luogo ad una unica cessione di ramo di azienda e, di conseguenza, a liquidarne la relativa imposta di registro nella maggior misura della imposta complementare anziché di quella suppletiva. Successivamente, con la sentenza di cui in premessa, la Commissione Tributaria prov.le di Milano, in accoglimento del ricorso presentato dalla capogruppo Alfa, dichiarava illegittimo l’avviso di liquidazione, emesso dall’Agenzia tributarie, per erronea interpretazione ed applicazione dell’art. 20 Tur 131/86 (come modificato dall’art. 1, co 87 lett a legge di bilancio 2018), oltre che a statuirne la nullità per errata qualificazione giuridica della conseguenziale imposta complementare applicata e liquidata dalla medesima l’Agenzia. In particolare, ad avviso della Ctp di Milano, ai fini della corretta qualificazione e liquidazione della suddetta imposta di registro, il caso di specie, in mancanza di una specifica contraria prova fattuale di cui deve ritenersi onerata la medesima Agenzia tributaria, non realizza, sotto il profilo giuridico, una unitaria seppur complessa fattispecie ed operazione negoziale, bensì due distinti ed autonomi atti negoziali. A tal riguardo il giudice tributario in via preliminare ed in sede di ricostruzione ermeneutica della valenza precettiva dell’art. 20 Tuir, aderendo alla minoritaria tesi giurisprudenziale, attribuisce all’art. 1, co 87 lett. a (legge bilancio 2018) una valenza interpretativa, con efficacia retroattiva, e non modificativa e/o novativa di detto articolo.
Nei successivi passaggi della medesima sentenza la Ctp milanese precisa che la ratio dell’art. 20 Tuir non mira alla tassazione della causa reale degli atti presentati alla registrazione, in quanto tale norma, anche nel significato previgente, era deputata a tassare il significato giuridico del singolo atto presentato alla registrazione. (…) per poi continuare nel senso che detta norma attiene piuttosto alla qualificazione giuridica dell’atto che non gli effetti economici o alla determinazione dell’oggetto del medesimo, che non possono corrispondere (rectius che possono non corrispondere) alla situazione fattuale che costituisce il sostrato degli accordi delle parti.
Sulla base di detta ricostruzione interpretativa, pertanto, il giudice tributario successivamente afferma che l’Amministrazione tributaria non può sentirsi legittimata sia in presenza di sequenze negoziali complesse che di un unico atto, a ricercare in base all’assunto giurisprudenziale prevalente la causa concreta ed effettiva delle operazioni, quindi a presumere un (determinato) effetto economico lasciando intendere, la stessa Ctp milanese, la necessità di una puntuale prova fattuale in tal senso.
Quanto da ultimo riportato, almeno ad avviso dello scrivente, pare per certi versi supportato dalla considerazione per cui l’art. 1, co. 87 lett. a L.205/2017 espressamente riconduce il criterio interpretativo della intrinseca natura e degli effetti giuridici non più agli atti presentati alla registrazione (come nel testo previgente dell’art. 20 Tuir) bensì al singolo atto presentato (…) sulla base degli elementi desumibili dall’atto medesimo, prescindendo da quelli extra testuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi (secondo la nuova versione dell’art. 20 Tuir). A tal riguardo tuttavia, sempre ad avviso dello scrivente, rileva anche una ulteriore considerazione che pare deporre, in senso letterale, in senso contrario rispetto a quanto appena sopra detto laddove si considera che il dato interpretativo della intrinseca natura e degli effetti giuridici dell’atto presentato a registrazione ha prevalenza anche se ad essi non non vi corrisponda il titolo o la forma apparente dell’atto stesso.
Avv. Bernardino Sisti